È meglio partire e cercare lavoro all’estero, o rimanere in Italia mettendo il proprio talento al servizio del nostro territorio? Quali sono le opportunità per chi parte e quali per chi resta?

Questi gli interrogativi posti dal talk Talenti 4.0 e fuga all’estero – Bye bye Italia organizzato da Emil Banca in collaborazione con I Care Servizi lo scorso 2 settembre nella sala convegni del MUG – Magazzini Generativi di Bologna.

Un evento che (quasi) inaugura il nuovo hub di innovazione pensato per favorire l’attivazione di percorsi ad alto impatto sociale coinvolgendo imprese, organizzazioni del terzo settore, startup e talenti.

Un dibattito sulla “fuga dei cervelli”, ma non solo.

Sul palco sono intervenuti Daniele Ravaglia, Direttore di Emil Banca, Italo Giorgio Minguzzi, Docente di diritto commerciale presso l’Università di Bologna, Tito Menzani, Docente di storia economica e contemporanea dell’Università di Bologna e Luca Manfredi, Master in Business Analytics presso Montclair State University, ora consulente presso Slalom Consulting a New York nel campo dell’Intelligenza Artificiale e business intelligence.

A moderare i lavori la fondatrice di AD Communications Deborah Annolino, giornalista.

Ti sei perso il talk? Rivedilo qui:

Fuga dei cervelli: una riflessione sulle criticità e sulle opportunità

Il tema della “fuga dei cervelli” è sempre attuale: secondo un articolo pubblicato su Il Sole 24 Ore che riporta i dati elaborati dalla Corte dei Conti sul sistema universitario nel 2021, dal 2013 ad oggi i cervelli italiani emigrati sono aumentati del 41,8%.

Un dato che può preoccupare ma che soprattutto fa riflettere sulla strada da percorrere in futuro. Molti neolaureati sono spinti a partire sia a causa delle persistenti difficoltà di entrata nel mercato del lavoro sia dal fatto che il possesso della laurea non offre possibilità d’impiego maggiori e stipendi adeguati. Emerge anche una sorta di volontà di riscatto dopo il peso delle tasse universitarie che grava sulle famiglie. Ma la “fuga” non è mai definitiva: infatti sono tanti i giovani che dopo un’esperienza all’estero scelgono di tornare in Italia per aprire una propria attività e mettere a frutto tutta l’esperienza e il know how acquisito durante gli anni “fuori casa”.

Cosa possono fare le aziende per attrarre i giovani talenti a restare?

Da un lato si potrebbe ripensare ad un modello formativo pratico dove imprese e università creino una rete di scambio di saperi e competenze. La formazione costante (anche post universitaria) arricchisce l’esperienza lavorativa e permette di stimolare la curiosità e l’ambizione dei lavoratori. Dall’altro lato le aziende potrebbero investire in modelli di Welfare adeguati per trattenere talenti.

Il Governo si sta muovendo verso questa direzione e con il Decreto Crescita e la Legge di Bilancio 2021 ha introdotto alcune agevolazioni fiscali per favorire il trasferimento in Italia di profili specializzati e qualificati – anche di altra nazionalità – per favorire lo sviluppo tecnologico, scientifico e culturale nel nostro Paese.

L’Italia, in particolare la regione Emilia-Romagna, come è emerso durante il talk, è un territorio produttivo che ospita industrie e realtà imprenditoriali d’eccellenza a livello internazionale.

Inoltre in un recente studio, la Corte dei Conti ha messo in evidenza la qualità del sistema universitario e la capacità degli Atenei di promuovere l’internazionalizzazione.

Nell’anno accademico 2019/20, le immatricolazioni con cittadinanza straniera sono aumentate di 2.121 casi rispetto al 2016/17, un aspetto che promuove forme di apprendimento e di sviluppo di competenze interculturali e che rende l’Italia – almeno sulla carta – uno dei paesi capace di attirare i “cervelli in fuga”.

La pandemia ha inoltre frenato “l’esodo” di molti giovani, offrendoci una grande opportunità di ripartenza. Adesso tocca a noi investire nella formazione, nello studio delle nuove generazioni.

RASSEGNA STAMPA

 

Condividi su: