Ciò che le parole non dicono – e che il nostro corpo più o meno involontariamente rivela – è ciò che possiamo definire Metacomunicazione.
La Scuola di Palo Alto, in Florida, negli anni ’70, enuncia un principio che tutt’oggi appare incontrovertibile anche a noi: è impossibile non comunicare. Eppure le parole non rivelano sempre tutto, non sempre sono limpide e complete del significato che stiamo cercando.
Entra in gioco, per dirla con un titolo di un film, “le parole che non ti ho detto” (del 1999 con Kevin Kostner). Nel nostro caso queste parole non viaggiano dentro una bottiglia, solcando oceani per poi essere ripescate, ma prendono forma attraverso espressioni e gesti.
Non è un caso, forse, se il secondo assioma della Scuola di Palo Alto enuncia un altro aspetto fondamentale della comunicazione. Dal tono di voce alla postura, dalla mimica facciale ai gesti, tutto ciò di non verbale che interferisce con il messaggio finale, rivelando sfumature che vanno oltre il bianco o il nero.
In oltre cinquanta anni di storia dalla pubblicazione dei 5 assiomi della comunicazione, oratori, giornalisti e digital PR tengono conto di tali principi declinandoli nei due contesti paralleli:
- il mondo analogico: dove le relazioni sono reali;
- il mondo digitale: qui le relazioni avvengono sui social e le altre piattaforme interattive.
La differenza la fa principalmente il contesto rappresentato dall’immaterialità nel caso di internet. Eppure siamo i primi ad accorgerci di un interlocutore gentile e accurato nella risposta oppure menefreghista e indifferente alla nostra “chiamata”.
GENTILEZZA E CURA NELLA METACOMUNICAZIONE
Cura e gentilezza sono due valori imprescindibili nel dialogo anche in una chat. Vi sarà capitato di ricevere su facebook o su whatsapp, un messaggio di contatto, una domanda del tipo:
Sebbene sia uno scambio tra identità digitali (pur sempre due o più persone in carne e ossa, con un cuore ed un cervello), è evidente nella prima risposta la fugacità e il disinteresse della risposta; nella seconda invece si evidenzia una forma di attenzione per l’altro. In un mondo dove si corre veloci, prendersi il tempo per gli altri diventa quasi un lusso, una caratteristica di pochi in un tempo in cui bisognerebbe ricordare tutti che le buone maniere esistono nel reale quanto nel virtuale.
Metacomunicazione: cosa cambia dopo la pandemia?
Dopo una lunga assenza di socialità legata al Covid-19 si è avvertita quasi la necessità di andare oltre le parole digitate su una tastiera oppure oltre una videochiamata dove l’ambiente rimane virtuale. Incontrare gli altri significa per certi aspetti ritrovare noi stessi, i nostri punti di forza ma anche le nostre fragilità.
Ascoltare, consigliare, raccontarsi.
Per tutte queste riflessioni, a metà tra comunicazione e psicologia, AD Communications ha scelto di fare leva sulla parola come terreno fertile, di crescita e di arricchimento reciproco. Infatti con l’empatia e le parole giuste può nascere il racconto più vero ed emozionante.
LE PAROLE DETTE E NON DETTE: DOMENICO FABOZZI VERSO IL SOGNO DI UNA VITA NORMALE
Uno degli incontri più interessanti di questo inizio estate lo abbiamo avuto all’ospedale Villa Pineta Santo Stefano Riabilitazione di Pavullo (Modena). Il protagonista della storia si chiama Domenico Fabozzi e sta affrontando, con una forza di volontà incredibile, un percorso di riabilitazione metabolico-nutrizionale.
Oggi ha perso più di 50 chili e dopo l’intervento di riduzione dello stomaco che fortunatamente è andato bene, lo attende una strada ancora lunga e in salita.
A incontrarlo è stata la nostra giornalista Deborah Annolino.
È in momenti di interazione/relazione come questi che la comunicazione diventa relazione e ancora più precisamente metacomunicazione. Conoscere la vita delle persone che intendiamo intervistare richiede tempo, rispetto ma soprattutto ascolto delle parole dette ma anche di quelle “taciute”.
Metacomunicazione è andare oltre le parole dette
I giornalisti dovrebbero essere sensibilizzati e formati ad esprimersi nel modo corretto. A saper andare oltre le parole (quelle retoriche soprattutto) per abbracciare la dimensione metacomunicativa che rende un rapporto autentico, sincero nella sua complessità.
Per quanti non riescono ad auto-regolarsi, sarebbe opportuno supportarli con un vademecum del linguaggio “che cura”, in quanto le parole non volano, contrariamente dal noto detto latino (“verba volant”) ma possono scagliarsi contro qualcuno e creare insanabili ferite.
Come agenzia di comunicazione ci piace puntare sulle storie di vita come fonte di ispirazione. Un esempio ne è il viaggio emozionale racchiuso nel nostro format AD MAIORA. Siamo convinti che le esperienze di altri possano migliorare la nostra stessa esistenza, per trovare la speranza e il coraggio, nonché le soluzioni che sembrano non esserci.
WORK IN PROGRESS…
Nel frattempo a proposito di storie di vita anticipiamo con felicità l’iniziativa in programma sabato 1° luglio in cui saremo presenti e attivi nel racconto di voci coraggiose. Un convegno di scienza dal titolo “Oltre le Barriere” per dare voce a donne e uomini di talento.
Non la disabilità ma l’abilità. Non il problema ma la soluzione.
Per saperne di più vi lasciamo all’intervista con l’organizzatore e ideatore Marcello Villanova, medico neurologo dell’ospedale Villa Bellombra.