Radio o Podcast sono come binari che nascono indipendenti ma che ad un certo punto possono incontrarsi, generando linguaggi ed esperienze nuove, sia di fruzione che di interiorizzazione dei contenuti.
A chi è indeciso, a chi non sa se accendere la Radio o ascoltare un Podcast diciamo che sono due approcci e due modi diversi di partecipare ad una narrazione audio. Diversi ma complementari.
Entrambi sono accomunati dallo stesso media: quello sonoro. Ci sono però differenze sostanziali a partire dal grado di attenzione e coinvolgimento.
Un podcast, che attiviamo in modalità on demand ovvero “su richiesta”, richiede più impegno e concentrazione e spesso riguarda un argomento di nostro interesse, selezionato ad arte, nel momento in cui si vuole.
L’approccio è più “distratto” ma anche più naturale nel caso in cui ascoltiamo la radio che (il bello è questo!) non si pone in competizione con il podcast ma sperimenta nuove forme di integrazione.
Del resto l’unione dei linguaggi e piattaforme diverse è la direzione verso la quale stiamo andando. Negarlo o evitarlo ci lascerebbe ai margini della stessa evoluzione.
La Radio non è il Podcast
L’articolo sui nuovi linguaggi del Sole 24 Ore spiega la differenza dei due mezzi che supporta il “manifesto” delle 11 regole del colosso londinese BBC per imparare a distinguere RADIO e PODCAST.
La prima regola è che:
“Un podcast non è un programma radiofonico, anche se un programma radiofonico viene ascoltato con un podcast”
Ecco di seguito il manifesto della BBC completo secondo cui la Radio non è un podcast.
Per chiarire il ruolo del Podcast, da una parte, e per delineare il futuro della radio dall’altra, AD Communications ha chiesto aiuto e collaborazione a Emanuela Maisano esperta di Comunicazione, da anni speaker della Radio Nazionale R101.
Ecco l’intervista a distanza realizzata dalla giornalista Deborah Annolino.
L’incontro, anche se a distanza è stato entusiasmante e arricchente. Emanuela Maisano è una professionista che a microfoni aperti (ma anche spenti, durante il backstage) trova e mette in fila le parole giuste per creare “ponti” e dare vita ad un coinvolgimento emotivo, con gli ascoltatori.
Ringraziamo Emanuela Maisano per la sua generosità, per aver condiviso la sua passione e averla messa nero su bianco due volte, nella video intervista e in questo approfondimento scritto a cui vi lasciamo…
Buona lettura!
RADIO O PODCAST?
INTERVISTA A EMANUELA MAISANO, Speaker 101: “La Radio è la nostra famiglia”
Al momento sembra che il podcast sia “il preferito” delle nuove generazioni. Ma quale, tra Podcast e Radio, ha le carte vincenti per conquistarle nel lungo periodo?
La radio è come la tua famiglia.
A Lei ti affezioni perché entra nella tua vita come entrano i parenti (non vuol esser una minaccia eh!), ovvero automaticamente, naturalmente, senza che tu ti chieda come sia accaduto.
Ed è così che le voci di quella radio diventano come quella di tua madre, tuo padre, tuo fratello, tua sorella, tuo zio, tua zia…Diventano “casa”.
Sei consapevole che ogni volta che l’accenderai, le troverai lì.
Saranno voci confortanti quando avrai bisogno di vicinanza, coinvolgenti quando sarai euforico, fastidiose quando toccherai tematiche spinose, ma saranno sempre lì.
E oggi, grazie alla maggiore possibilità tecnologica di interagire, quelle voci puoi anche contattarle con più facilità. Chiedere loro un consiglio, suggerire un argomento, consegnare uno sfogo, condividere uno stato d’animo e sentire così di essere parte di una comunità.
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Il podcast, invece, continuando il parallelismo relazionale, lo paragonerei al nuovo incontro o al conoscente che poi magari, col tempo, diventa anche amico/a.
È un contenuto che scegli di ascoltare in un momento preciso, con un’attenzione più alta, ma per un tempo molto più ridotto, proprio come quando ti vedi per un caffè con un amico. Non ti concedi la fruizione distratta che riservi alla radio, non ti affidi alle scelte musicali e contenutistiche “dall’alto”, ma selezioni accuratamente ciò che vuoi ascoltare.
Il podcast richiede sforzo e impegno, la radio non ti chiede nulla perché (se fatta bene) sa già di cosa hai bisogno in quel momento. La risposta alla domanda “quale dei due mezzi ha più appeal per conquistare i giovani?” è molto complessa.
Non sono sicura di saperlo, perché posso solo immaginare quale sia il modo di vivere dei giovanissimi di oggi.
Di certo, la realtà in cui stanno crescendo li sta abituando a vivere “su richiesta” (richieste di amicizia, tv on demand, cibo a domicilio…). Hanno una notifica per quasi ogni aspetto della loro vita. E, come sappiamo, si tratta di sistema che, se non tenuto opportunamente sotto controllo, rischia di soffocarti.
Ho la sensazione che, indipendentemente dalle tecnologie, l’esigenza che qualcuno ogni tanto ti prenda sotto braccio e scelga per te permarrà nel tempo come bisogno umano. E allora chissà che in futuro non saranno speaker-radiofonici-robot a farlo.
Quanto la radio, grazie agli speaker, è stata vicino alla gente nel periodo della pandemia?
Nel periodo di pandemia la radio è stata ed è fondamentale.
In questo anno e mezzo, tv e social ci hanno tartassati non solo di aggiornamenti tristemente necessari ma anche di disinformazione e di contenuti forzati e inutili. Ciò che ho notato da gran parte dei network nazionali, e di cui vado orgogliosa, è stata l’umanità con cui tutto il settore radiofonico è stato vicino agli ascoltatori; spesso scegliendo di parlare di altro o di trattare l’argomento pandemia ma in modo opportuno e sincero. Questa lealtà è arrivata al pubblico che giornalmente ci ringrazia ancora per la compagnia. È una responsabilità grande ma commovente quella che gli ascoltatori ci fanno provare ogni giorno.
Quali le differenze, anche in termini formativi, tra podcaster e speaker radiofonici?
Fare la radio non è semplice. Spero sempre che, di pari passo con i cambiamenti tecnologici, le conoscenze di chi l’ha vista nascere negli anni ‘80 e di chi l’ha imparata nei decenni successivi possano essere tramandate.
In radio è importante avere consapevolezza dei tempi che ci si vuole prendere per parlare, delle parole che si vogliono utilizzare e dell’intenzione che si vuole trasmettere.
La diretta radiofonica richiede allenamento, concentrazione e capacità d’improvvisazione.
Il podcast ha il vantaggio di essere un prodotto ritoccabile in post-produzione e, come tale, realizzabile anche da chi ha meno dimestichezza con la comunicazione live. È certamente un buon mezzo di espressione, ma non esente da rischi come l’eventualità di annoiare se non strutturato in maniera accattivante.
Credo che la base formativa per entrambi richieda abilità comunicativa, urgenza divulgativa e amore e rispetto per chi ne fruirà.
Come vedi il futuro per la radio?
Il concetto umano di radio, quello a cui accennavo prima facendo riferimento alla famiglia, rimarrà, ne sono sicura.
Potranno cambiare i mezzi attraverso i quali farla e forse i tempi, le modalità, il linguaggio (le grandi aziende dovranno adeguarsi), ma il suo spirito, la sua essenza, la sua anima si tramanderanno di generazione in generazione e ci sarà sempre qualcuno in grado di regalare la magia della radio.