È ora di ripartire. Il futuro chiede un impegno preciso a partire da noi stessi, dall’uso delle parole che facciamo, senza per questo trascurare la realtà con i suoi problemi. Ripensare alle parole vuol dire secondo noi scegliere di scrivere e pronunciare la sequenza giusta a seconda del contesto e dell’interlocutore.

Che sia una chat o un tavolino di un bar, poco importa. Il valore letterale e semantico di ciò che diciamo va misurato poiché è in grado di creare emozioni al pari di un bacio o uno schiaffo.

La ripartenza non può dipendere solo da fattori economici e dal PIL di un Paese, richiede la rigenerazione dei rapporti umani che dal dialogo si nutrono.

Più riflessivi e meno istintivi. Si può fare!?

Sta a noi decidere se risultare “taglienti” con le nostre frasi oppure aprire alla diversità o unicità per dirla con la parola di Drusilla Foer sul palco del Festival di Sanremo, gettando ponti di fiducia.

Dal linguaggio bellico alle “parole del futuro”: il punto di vista della sociolinguista Vera Gheno

In questi anni segnati dalla pandemia e dalla crisi globale, i Media hanno paragonato la pandemia alla guerra alimentando paura e ansia che diventano “distanza” e non solo distanziamento tra le persone.

È interessante dal nostro punto di vista riportare l’idea della sociolinguista Vera Gheno di raccogliere in una “Nuvola” le parole che sanno di futuro e di ottimismo. “Parole contro la paura” è il titolo del libro della scrittrice e social media manager che ringraziamo per la disponibilità verso questa nostra intervista.

Nuvola di parole

Parole come “opportunità”, “fiducia” e “futuro” sono molto più diffuse di quanto pensiamo e ciò dimostra la capacità di non perdere l’ottimismo e di “infuturarci”, come ama scrivere la nostra ospite Gheno.

Le parole - Vera Gheno

Se dovesse disegnare la sua “nuvola di parole” contro la paura, da quali partirebbe? 

Per me rimane “futuro“: la dimensione che la pandemia ci ha tolto, e che invece è connaturata all’essere umano. Abbiamo bisogno di poterci protendere verso il futuro, di “infuturarci”, come direbbe Dante, per il nostro stesso benessere psicofisico. Per me, la dimensione del futuro è il miglior antidoto contro la paura. 

Durante il lockdown e in generale questo particolare momento storico, quali sono le parole che più utilizza nel rapportarsi con gli altri?

Non penso di avere usato o di usare parole particolari. Cerco, piuttosto, di tenere conto del disagio generalizzato che stiamo provando un po’ diffusamente a causa di tutti gli avvenimenti degli ultimi anni, e di essere più comprensiva del solito. Di esercitare quella che, in un articolo del Post di un po’ di tempo fa, ho sentito nominare come “carità interpretativa”. 

Che conseguenze hanno le nostre scelte linguistiche nella relazione con gli altri?

Estreme, direi. Come diceva Alex Langer, le parole ci permettono di varcare frontiere, saltare muri, costruire ponti. 

Da quali parole possiamo ripartire per una comunicazione costruttiva? Quali parole possiamo “salvare”?

Io non riesco mai a farmi venire in mente singole parole da salvare o promuovere. Penso che la parola “giusta” dipenda sempre dal contesto, dagli interlocutori, dalle intenzioni comunicative. Per cui, casomai, invito a rallentare, a riprendersi il tempo per riflettere sulle proprie parole, e solo *dopo* pronunciarle o scriverle, senza tabuizzare nulla.

Quali atteggiamenti per una comunicazione costruttiva?

Oltre alla scelta accurata delle parole, lempatia e l’ascolto sono fondamentali nella comunicazione, poiché mettono al centro l’altro. Solo l’ascolto può creare uno scambio di esperienze paritario e far crescere tutti gli attori del dialogo a livello personale e professionale.

La comunicazione, non solo quella connaturata ai Media, è una sfida e richiede attenzione e rispetto. Aspetti trascurati in pandemia nel linguaggio di alcune testate giornalistiche anche importanti.  

C’è chi ha diffuso terrore, chi ha provato a sdrammatizzare con meme e vignette; ci sono realtà come l’Enciclopedia Treccani che ha realizzato un lavoro “pensato” dal titolo “Le parole del Coronavirus” che vi consigliamo di consultare.

Anche noi di AD Communications, nel nostro impegno per un’informazione costruttiva, abbiamo scelto di partecipare alla quinta edizione del Master di scrittura “Parole della pandemia” organizzato dall’Associazione La Strada degli Scrittori  arrivando alla creazione di un vocabolario alternativo.

Parole della pandemia…quali alternative?

Vocabolario alternativo

E ora? Ci troviamo nel pieno della ricostruzione, della ripresa e della rigenerazione. La pandemia è in corso ma non possiamo ripetere gli errori del passato. Mettere da parte il linguaggio bellico per recuperare il rapporto tra chi scrive e chi legge, vuole dire ricostituire un rapporto di fiducia tra le persone. Sta a noi disegnare nuvole di parole dai sapori e dai saperi sani e costruttivi.  

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